Sunday, May 19, 2024

La genetista e il coraggio di sperimentare il riso che non si ammala – Corriere.it

Per continuare la navigazione devi scollegare un’altra sessione. Dopo il furioso dibattito sugli OGM, da vent’anni in Italia nessuno aveva più osato chiedere l’autorizzazione per seminare in campo aperto piante con il DNA ritoccato.

Il salto nel futuro lo ha fatto Vittoria Brambilla, dell’Università di Milano. Chi si ferma è perduto, perché alla fine è tutta una questione di evoluzione.

Mutando, gli organismi possono riuscire a sopravvivere alle condizioni avverse. Cambiando approccio, la comunità scientifica può superare gli ostacoli tecnici.

E quando nuovi problemi (i cambiamenti climatici, ad esempio) scalano la lista delle priorità, l’agenda politica può aggiornarsi di conseguenza (questo è il senso del comma favorevole alla ricerca scientifica approvato nel decreto siccità lo scorso giugno). Di fronte a questo panorama in evoluzione non è rimasta certo ferma Vittoria Brambilla, la genetista vegetale dell’Università di Milano che ha il merito di aver piantato una prima simbolica bandierina nel suolo lunare della burocrazia italiana in materia di sperimentazioni in campo con piante dal DNA ritoccato.

Per ora si tratta soltanto di una notifica comparsa nell’apposito database del Ministero dell’ambiente il 22 gennaio e in attesa di approvazione. Ma se tutto andrà bene ad aprile la ricercatrice milanese pianterà anche il suo riso resistente a una malattia chiamata brusone in ventotto controllatissimi metri quadrati di zolle nel Pavese.

Non sarà il piccolo-passo-per-un-uomo-grande-passo-per-l’umanità di Neil Armstrong, l’astronauta che ha poggiato i piedi sulla Luna nel 1969. Ma questo atto formale è una prima volta da festeggiare, perché da vent’anni nessuno provava a chiedere un’autorizzazione del genere in Italia.

Se la prova all’aperto dovesse dare buoni risultati, come quelli già ottenuti in laboratorio, il riso dell’Università di Milano potrebbe essere coltivato senza timore che un’infezione fungina lo distrugga e senza spargere fungicidi inquinanti. Non sarebbe catalogabile come un prodotto transgenico, perché non contiene DNA extra.

Il saltello nel futuro di Brambilla (e di chi ne seguirà l’esempio) lascia sperare che nel 2024 biotecnologie ed ecologia possano essere finalmente alleate. 12 febbraio 2024 (modifica il 12 febbraio 2024 | 07:31)

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