Tra tutte le fotografie che mandano i portavoce delle famiglie degli ostaggi, ce ne è una che colpisce per la sua bellezza dolorosa, quasi caravaggesca. Saranno i colori contrastanti — quel blu acceso del lenzuolo dell’ospedale, la maglia verde — o sarà quella luce che arriva da sinistra, ma l’abbraccio collettivo tra i prigionieri di Hamas appena liberati e le loro famiglie rimane negli occhi. Sono stati liberati a Rafah dopo il raid notturno delle forze israeliane.
Erano nascosti al secondo piano di un edificio di quel territorio che intanto andava a fuoco sotto i bombardamenti israeliani che, secondo fonti palestinesi, hanno fatto almeno 67 morti — il totale delle vittime palestinesi è arrivato quasi a 28mila. «Alle tre del mattino di lunedì abbiamo ricevuto una telefonata a sorpresa. Ci hanno detto che erano in Israele.
Siamo molto felici e rivederli è stato emozionante. Ci siamo subito abbracciati», ha raccontato il genero di Har, Idan Barzano, al quotidiano Haaretz. I due uomini sono stati portati allo Sheba Medical Center, un ospedale che si trova nel centro di Israele, per accertamenti: «Le condizioni sono stabili», dicono i medici.
Anche se nelle chat delle famiglie degli ostaggi si dice abbiano perso molto peso. Quella mattina, i miliziani hanno preso tutti: Fernando, Louis, Clara, l’altra sorella Gabriela, 59 anni, la figlia Maya, 17, e anche il cane, Bella. Le tre donne sono state rilasciate come parte dell’accordo con Hamas, ma è con la scarcerazione dei due uomini che si chiude il cerchio: ora sono tutti liberi.
«Oggi abbiamo parlato solo di quello che è successo qui, e non di quello che è accaduto a loro», racconta sempre Barzano. Non si sa ancora se siano stati tutto il tempo in un appartamento a Rafah o in qualche tunnel della Striscia. Non sappiamo se abbiano subito torture, che cosa abbiano visto, ascoltato, provato.
«In questo momento, la più grande preoccupazione di Louis è sapere come stanno i nipoti». Infatti, nel sito dedicato agli ostaggi rimasti a Gaza, Har è descritto come «un nonno generoso (ha quattro figli, dieci nipoti), immigrato dall’Argentina, conosciuto per le sue capacità gastronomiche e per la passione per il ballo». Marman come «un padre buono, un grande appassionato di calcio».
I due — ci dicono — sono molto amici. Il loro rapimento è stato raccontato da Clara, liberata il 28 novembre: «I terroristi sono riusciti a buttare giù tutto quello che avevo messo davanti alla porta della safe room . Sono entrati nella stanza e mia sorella ha detto in spagnolo “Ci uccidono tutti”».
Clara ha anche condiviso le fatiche della sua liberazione: «Quando mi hanno detto che il mio nome rientrava nella lista dei “liberi”, non potevo essere felice di tornare a casa senza mio fratello e Louis. Ho risposto “resto qui con voi”, ma per loro non era un’opzione. Ci trovavamo a Rafah, così vicini al nostro kibbutz».
Prima di lasciare la Striscia, la sua prigione, e fare ritorno in Israele, Clara ha chiesto ad Har se volesse mandare un messaggio alla loro grande famiglia. Lui ha risposto così: «Aspettatemi nei “verdi giardini”, vi amo moltissimo e presto ci rivedremo e ci abbracceremo». Har aveva ragione: in questi tempi di bombe e morte, sono 24 ore che gli abbracci di questi uomini tornati liberi ci raccontano la storia di una famiglia riunita.
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13 febbraio 2024 (modifica il 13 febbraio 2024 | 08:18)
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